Il granoturco di Costantino

I periodi di siccità come quello appena terminato, nel bene o nel male, ci sono sempre stati: vediamo quindi in cosa si confidava nel passato
È il periodo che tutti stiamo vivendo che suggerisce l’argomento che andremo a raccontare quest’oggi. Che non sia piovuto per oltre tre mesi ce ne siamo accorti tutti. Ogni giorno capitava di alzare gli occhi al cielo per guardare se c’era una nuvola, confidando che da bianca si trasformasse in grigia e procurasse qualche tuono. Gli effetti di questa anomala e prolungata siccità sono stati evidenti fino a qualche giorno fa: il Taro e il Ceno erano ridotti a rigagnoli, con ovvie conseguenze sfavorevoli per le coltivazioni e gli acquedotti comunali.

La prova tangibile di questa eccezionale stagione mi è stata fornita, come sempre, da Giacomino Gandi, il quale, tra le sue diverse passioni, mantiene anche quella della meteorologia, tant'è che ogni giorno, da decenni, annota temperatura e condizioni climatiche: “Ovviamente mi riferisco a quanto accade sopra a Bedonia, in Costalissera, perché, come ben sai, può piovere da Lamò al Follo e non alla chiesa di Momarola. In ogni caso, a far data dall’inizio dell’estate, le precipitazioni sono state veramente scarse: il 24 e il 28 giugno ci sono stati due acquazzoni; il 6 luglio solo due gocce, la classica Bruzaia, cioè più caldo di prima; mentre lunedì 11 luglio c’è stato un bel temporale, la classica e puntuale precipitazione della Madonna di San Marco. In pratica l’unico evento di rilievo fino ad arrivare al 6 e del 7 agosto, due notti consecutive con temporale. Poi c’è stato il giorno dell’apocalisse, la mattina del 18 agosto, l’evento più eccezionale che si ricorda: vento forte, pioggia e grandine, così tanta da spalarla per le strade”.

Una situazione davvero inconvertibile a cui non possiamo porre rimedio, almeno in tempi brevi: la natura ha i suoi tempi e le sue ragioni per “arrabbiarsi”. Se invece guardiamo indietro nel tempo, andando nel primo dopoguerra, fino agli anni ’50 e ’60, c’è una testimonianza che, nell’impossibilità di provocare un bell’acquazzone, confidava nella preghiera e in alcuni gesti propiziatori.

È Maria Pina Agazzi a riferire che, anche allora, quand'era ragazza, si vivevano periodi siccitosi, e il “rimedio” lo si trovava confidando in Dio: “Prima del Concilio Vaticano II (1962), in prossimità dell'Ascensione, si facevano tre giorni di “Rogazioni”, che non erano nient’altro che processioni in direzione della campagna circostante il capoluogo di Bedonia: dal Cristo, al Serpaglio e da Santa Croce; in sostanza, si recitavano preghiere per la protezione dei campi e per tante altre necessità. Ricordo anche che, nei periodi secchi, il parroco compiva un triduo di preghiera per invocare la pioggia e la gente, allora molto devota, accorreva numerosa in chiesa”.

Poi subentravano anche gesti scaramantici nel caso la pioggia esagerasse, e così in occasione di forti temporali, quelli dal cielo buio, con forte vento, tuoni e lampi, si ricorreva a bruciare alcune foglie di ulivo, strappate dal rametto che si custodiva in casa dopo la benedizione della Domenica delle Palme, pregando e chiedendo che cessasse il diluvio in atto. Anche oggi alcune Bedoniesi -tra cui, ne sono certo, Virginia Biasotti- bruciano tempestivamente l’ulivo in caso di violente burrasche.

Infine, sul tema, Maria Pina aggiunge anche un aneddoto spiritoso: “Eravamo negli anni ’50 e stavamo vivendo un’estate di grande siccità, e così, un giorno, il parroco di Tornolo decise di annunciare il triduo di preghiera e in quei tre giorni fece suonare anche le campane. Un signore, certo Custantén, era all’osteria “da Majö”, e la moglie dell'oste gli disse: Ne te vè a preghê, cussì ch'u piöva anca inta to mérega? E lui, continuando a bere il suo quartino di rosso e fumando il sigaro rispose: Eh, mi ne creidu propiu che u Signù u gh’abbia in mente a mérega du Custantén; e restò all’osteria, impassibile e in balia degli eventi. È per questo che, in questo periodo così caldo e senza pioggia, a volte penso: Ma non saremo diventati mica tutti dei Custantén!?”

P.S.
La traduzione delle due frasi citate, dal bedoniese all’italiano:
domanda: “Non ci vai a pregare, così che piova anche sul tuo granoturco?
risposta: “Eh, ma non credo proprio che il Signore abbia in mente il granoturco di Costantino”.

Hanno collaborato a questo post:


Foto: com'era originariamente il bar Majö di Tornolo e la raccolta del frumento a Strela



2 Commenti
  1. Ettore Rulli

    Interessanti le testimonianze e bene il dialetto.

  2. Dolores

    Certo che sono piacevoli i racconti e le testimonianze... ma il dialetto è sacro. Ogni più piccolo angolo ha il proprio e cambia anche a poca distanza.... Manteniamolo vivo... Come ricordi!

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