Viterbo

Viterbo 5 6 7 settembre 2018
 
Se a Siena c’è il Palio, e a Venezia il Carnevale, a Viterbo c’è la “macchina di Santa Rosa”. Ogni 3 settembre, da più di 700 anni, nella città si svolge la celebrazione di questa Santa, divenuta poi patrona cittadina. Vi lascio quindi immaginare cosa può significare, anche in termini numerici, questa ricorrenza: decine di migliaia di persone affollano il centro storico di Viterbo già dalla prima mattina per conquistarsi la posizione migliore, oltre a prendere poi posto nelle tante tribune a pagamento. Quest’anno sono stato invitato a parteciparvi, e ne è valsa davvero la pena.

Devo però prima aprire una parentesi sulla celebrazione religiosa, per una nota tutta politica. Tra tutta quella moltitudine di gente, sul far della sera, sono usciti dalla Prefettura, per raggiungere i posti a loro riservati, alcuni dei nostri politici. Tra gli invitati si distinguevano il Presidente del Parlamento Europeo Tajani, il Ministro della Difesa Trenta, la Meloni, Gasparri, Fiano. Fin qui tutto regolare: strette di mano, sorrisi e scambio di battute tra le varie autorità… Ma è con l’arrivo di Salvini che gran parte della piazza si è letteralmente eccitata, dedicandogli a più riprese applausi, abbracci e acclamazioni del tipo: "Non mollare!", "Sei tutti noi", "Sei l'unica speranza", “Vai avanti così!” e così via; pochissimi invece i fischi verso il Ministro dell’Interno.
Una reazione che non mi sarei aspettato di vivere, perché non avevo mai sentito elogiare un governante in una pubblica piazza e al di fuori di un contesto politico; ma anche perché mi trovavo a Viterbo e non a Verona, ed il complimentarsi con una figura politica, in questi ultimi decenni, è l’eccezione e non la regola. Ho voluto riportare questo significativo aneddoto, anche se non sono un leghista “purosangue” alla Piero (ma comunque un sostenitore di questo governo).

Veniamo dunque a Lei, a Santa Rosa. Ogni anno, il 3 settembre, si svolge una processione con la cosiddetta “macchina”, un'imponente costruzione, una sorta di campanile mobile, sulla cui cima c'è la statua della Santa illuminata da centinaia di fiaccole, che si sposta per le vie e le piazze del centro cittadino: 30 metri l’altezza, 50 i quintali di peso, 100 e più i facchini che la trasportano fieramente e interamente a spalla lungo un percorso di oltre un chilometro, tutti agli ordini del leggendario e veterano “Capo-facchino”.
Il corteo viene fatto in ricordo della traslazione della salma di Santa Rosa, avvenuta nel 1278 da una chiesa ad un'altra di Viterbo. Da qualche anno è entrata a far parte delle tradizioni italiane riconosciute come patrimonio UNESCO.

Anch’io ero tra tutta quella gente, e tra i visi intorno a me trapelava un grande orgoglio per quanto si stava svolgendo: un’impresa eccezionalmente impegnativa, dove il minimo errore non è ammesso, un’azione sincronizzata e precisa tra braccia e cuore, di commozione mista all’euforia, un concentrato di fede e ingegneria (ogni 5 anni ne viene costruita una nuova e diversa) e con l'animo sospeso tra emozione, gioia e anche un certo timore di sbagliare qualcosa.

Il momento che non dimenticherò è la comparsa di quella “torre” illuminata, prima tra i tetti delle case, poi al centro delle vie buie come la notte, come sospesa tra cielo e terra, sfiorando tetti, balconi e palazzi. Un’apparizione annunciata dallo spegnimento simultaneo dei lampioni cittadini, così come delle luci di tutte le finestre e delle vetrine dei negozi. In quei momenti l’unica attenzione era solo per Lei, per Santa Rosa, anche se questa volta la popolarità dell'uomo forte del Governo ha finito per mescolare chiarori terreni alla luce della santità.