Cipro
Giugno 2016
Di fatto è una sola isola. Una perla mediterranea incastonata nel continente asiatico. Nella realtà sono due: il sud greco-cipriota e il nord turco-cipriota. A dire il vero due mondi distinti e contrapposti: Europa e Medio Oriente.
A dividerli non c'è solo la “Linea verde”, un confine "forzato" di 150 chilometri di frontiera, unico “muro” sopravvissuto in Europa, ma anche due lingue, due alfabeti, due monete, due religioni e due bandiere per due Stati autonomi. Come se non bastasse pure la Coca Cola da una parte e la Pepsi dall'altra.
A testimoniare che l'Europa è lontana e il Medio Oriente vicino ci sono i profumi e l'ampio uso in cucina di coriandolo, aneto, menta, sesamo e lo sciroppo di rosa nei dolci.
Cipro non è solo spiagge, mare cristallino e sole. A guardarsi intorno c’è molto di più.
A sud c’è la Repubblica di Cipro che occupa 2/3 dell’isola, mentre l’altra porzione è occupata dalla Repubblica Turca di Cipro Nord (Paese riconosciuto solo dalla Turchia). Tra loro molti caschi blu delle Nazioni Unite a far da cuscinetto. Una questione spinosa sorta nel 1974, quando la Turchia invase e divise militarmente l’isola. Un avamposto strategico e perciò militarmente fondamentale, a pochi minuti di volo c’è la Siria, Israele e il Libano. Lo sa bene anche la NATO e la Gran Bretagna.
Poi c’è Nicosia, la capitale di entrambi gli Stati, la rappresentazione tangibile di questa assurda divisione. La linea di confine attraversa in maniera orizzontale la città, tagliandola in due proprio nel suo cuore. Da qui il divario economico e culturale tra le due popolazioni. Per attraversarla c’è ancora bisogno del Passaporto e i controlli non sono all’acqua di rose, bensì attenti ed efficaci.
La parte greca è a tutti gli effetti europea, sia nello stile di vita che nelle infrastrutture, la moneta corrente è l’Euro e la religione ortodossa, ma basta fare due passi che tutto cambia radicalmente. La parte turca è arretata di qualche decennio rispetto ai giorni nostri. Una diversità che si percepisce notevolmente sulla costa e nell’interno, un territorio che ricorda la Sardegna rurale e agricola degli anni ’60, prima della rivoluzione turistica avviata dal Principe saudita Aga Khan.
Il versante nord è perciò caratterizzato da spiagge deserte, campi ben coltivati e animali al pascolo. Qui e là piccoli paesi, abitati da persone semplici, dove è ancora possibile vedere ragazzini calciare un pallone per le strade, le ragazzine divertirsi con il “cerchio”, i giovani arrivare in piazza con il trattore o le donne che siedono sulla porta delle case o delle botteghe a ricamare merletti. Le chiese ortodosse invece sono state tutte convertite in moschee, pur mantenendo i tratti architettonici delle costruzioni ortodosse, spesso con la sola aggiunta del minareto.
La supremazia turca è ben visibile a ogni angolo, lungo le strade con monumenti dedicati all'eroe nazionale turco Ataturk o con enormi bandiere che sventolano nei punti più strategici. Smisurata, immensa e inverosimile è la “mezzaluna”, riprodotta sul dorso di una montagna visibile a decine di chilometri (illuminata anche di notte), ovviamente anche dalla parte greca.
Tutti particolari che appaiono più come giochini, punzecchiature, sfide infantili. Invece tanto innocenti non sono. La Turchia mantiene a stipendio 35.000 militari sull’isola a difesa della comunità turco-cipriota.
L’aspetto più espressivo di questo predominio è senza dubbio la storica città di Famagosta o meglio “Varosha”, il grande quartiere rimasto “ibernato” dal 1974.
Un tempo la riviera di Cipro, dove circa 55.000 persone trascorrevano le vacanze di fronte a quel golfo senza fine, dal mare cristallino e la spiaggia dorata.
Poi l’esproprio e l’oblio. Da quarant’anni è un quartiere fantasma, una zona militare, dove è impossibile accedere. È persino vietato fotografare ciò che si vede aldilà della recinzione, ormai ridotta malissimo, ma pur sempre un modo per non fare avvicinare curiosi con il brivido di farsi sparare addosso.
Tutto è rimasto come in quei giorni del ‘74, tutto è congelato dal tempo: appartamenti arredati, negozi con le merci sugli scaffali e le concessionarie con le auto “nuove” in vetrina. Le case, i palazzi e gli alberghi sono ormai in decadimento, divorati dalla salsedine e dalla vegetazione. Gli unici a muoversi tra quelle strade sono cani randagi e militari turchi, a protezione di una città che invece non esiste.
Ora pare ci sia l’interesse di Microsoft di bonificare/trasformare l’intera area con un progetto da quattro miliardi di dollari.
Il futuro dell’isola, di una sola isola, è anche questo e sempre lo stesso: giungere alla “Soluzione” del problema cipriota. Non sarà facile vederli tornare a vivere insieme, i cimiteri con quell’infinità di croci bianche ne sono la dimostrazione lampante. Le ultime generazioni sono cresciute in un clima restio alla riunificazione e l’odio tra turchi e greci è ancora vivo e vegeto.
Voglio però pensare che i grandi lavori che interessano la riqualificazione di “Eleftheria Square”, la grande piazza centrale di Nicosia, siano un presupposto per festeggiare, un giorno, assieme, la riunificazione. Lo so, sono un sognatore.