Isola di Stromboli

20 luglio 2015

Gli sbuffi senza sosta e cadenzati del vulcano si fanno notare fin da lontano. Una volta sbarcati sull’isola non ci vuole molto a capire che ti trovi in un luogo fuori dall’ordinario, basta leggere i cartelli d’avvertimento che trovi ovunque: “In caso di terremoti o eruzioni dirigersi verso il mare - In caso di terremoto o maremoto rivolgersi verso l’interno”. Da sempre gli stromboliani dividono le loro giornate con “Iddu” (Lui), il vulcano.
Anche le spiagge sono atipiche: nerissime, che contrastano con l’azzurro del mare e il verde dei fichi d’india. Non solo, sull’isola non circolano automobili e le strade sono prive di illuminazione pubblica, nonostante i quattrocento abitanti: “A Stromboli si vedono le stelle”, questo è il conforto.
Il paese di Stromboli, a differenza della vicina Isola di Panarea, non ha perso la sua identità originaria, la natura suppergiù è la stessa e anche le case, è rimasto un luogo sperduto nel mare e vissuto dai classici isolani.
Tra questi c’è Mario, l’ho notato aggirarsi per il paese con il suo cagnolino, ogni due metri si ferma per una battuta o a chiacchierare. Gli ho chiesto se potevo accompagnarlo e fargli qualche fotografia. M’invita a casa, ci accomodiamo sulla terrazza per un bicchiere di bianco dell’Etna, fresco in quella calura.
Nasce sull’isola nel 1943 e conduce ancora una vita semplice, come quella vissuta a Stromboli fino a non molto tempo fa.
Inizia a dipingere a 45 anni, il pretesto fu la nascita del figlio e ancora oggi si diletta con i pennelli a ritrarre i colori della sua isola, ma per diletto, non vende i suoi quadri, li regala ad amici o famigliari.
Mario ha fatto diversi lavori, tra cui il pescatore, il fornaio e l’ormeggiatore. Ha anche partecipato alle riprese del film di Rossellini “Stromboli terra di Dio”. Ricorda bene Ingrid Bergman, anche se allora aveva sei anni: “Una donna gentile e di gran classe”.
Dice che a quel tempo, nel 1949, sull’isola non c’era niente, nemmeno il molo e le strade, solo dopo che uscì il film arrivarono i primi turisti: tedeschi, francesi e poi gli italiani, ma per ultimi.
Ci salutiamo con una stretta di mano. Esco e solo al porto considero che non ci siamo nemmeno presentati. Solo grazie a Google ho poi scoperto il suo cognome: Cusolito.