Isola dell'Asinara
Luglio 2013 - Cala d'Oliva - Fornelli - Punta della Scomunica - Cala Reale
Ci ha messo quasi un secolo e mezzo per scrollarsi di dosso l’infausto appellativo “Isola del Diavolo”, ma ora il suo destino è cambiato e sta riscuotendo il meritato riscatto.
Ex paese, ex lazzaretto, ex sanatorio, ex carcere. Tutto iniziò nel 1855 con l’allontanamento forzato delle oltre cinquanta famiglie residenti, tutti pastori e pescatori, questi ultimi prevenienti da Camogli, le stesse persone che poi fonderanno il paese di Stintino sulla vicina costa sarda.
Il supplizio di questa meravigliosa isola è iniziato nel momento in cui il Regno d’Italia decise che quel luogo doveva essere trasformato in una colonia penale e poi in lazzaretto durante la prima guerra mondiale, lì l’arrivo di 24 mila prigionieri austroungarici affetti dall’epidemia di colera, i cui resti di gran parte di quei soldati riposano ancora nel sacrario dell’isola. Nel 1960, da colonia penale agricola, fu trasformata in super carcere e negli anni ‘80 ospitò brigatisti rossi e neri, camorristi, mafiosi e personaggi dell’anonima sarda costretti al 41-Bis, tra cui Mesina, Cutolo e Riina.
Le carceri che si sono avvicendate nel tempo sono state una decina e la chiusura dell’ultima è avvenuta nel 1999. In un secolo e mezzo solo una fuga, è stato il penitenziario con meno evasioni al mondo, tant’è che era considerata l’Alcatraz italiana.
Ora è possibile visitare l’ex supercarcere di Fornelli e per me, che ho prestato servizio negli Agenti di Custodia durante il servizio militare, è stata una vera e propria soddisfazione.
Questo però apparteneva al passato, nel 1997 è stata trasformata, grazie all’isolamento e alla preservazione totale dell’ambiente avvenuta per un secolo e mezzo, in Parco Nazionale dell’Asinara. Ora è infatti sfruttata turisticamente ed è abitata solo da asini, cinghiali, tartarughe, cavalli bradi, mufloni e nessuna persona vi risiede stabilmente. L’isola è oggi esattamente come la vivevano allora i detenuti, i “Lavoranti esterni”, quelli che si occupavano di greggi, piantagioni e lavori agricoli.
Poi c’è Cala d’Oliva, il piccolo borgo bianco che spicca tra il blu del mare e il verde della “macchia”. È il villaggio espropriato nel 1855, divenuto poi residenza del personale penitenziario, ma che da allora è rimasto praticamente immutato. Appare come un paese fantasma, nessuno si aggira tra quella manciata di case, su quelle strade in pietra e deserta è la piazza davanti alla chiesetta. Ho incrociato solo un uomo che fischiettava, forse non a caso, un brano di Morricone tratto dalla colonna sonora di C’era una volta il West…