Le ragazze con il tacco

Siamo negli anni '50 e l'incontro tra ragazzi e ragazze consisteva in un vero e proprio rito
Con l’arrivo dell’estate e con la rievocazione del Bar Mellini, a Maria Pina è venuta alla mente una simpatica visione che riguarda il nostro paese. Potevo farmela sfuggire? Certo che no. Così me la racconta.

Il periodo è quello a cavallo tra gli anni ’50 e ’60. Con il caldo e la fine della scuola, tante ragazze di Bedonia uscivano di casa per passeggiare, prendendosi “a braccetto”, su e giù per via Garibaldi. Alcune di loro iniziavano anche a frequentare il bar da sole, ossia non accompagnate, conquista non da poco, perché il bar era solitamente una predilezione tutta al maschile, che fu poi fatta propria dalle ragazze nel periodo successivo ai campi estivi militari, allora presenti presso il bosco dei Brugnei (oggi piscina). E fu solo col passare degli anni che le signorine disinvoltamente sedevano al bar, andavano a ballare pagandosi l'entrata e decidendo con chi ballare, oppure si facevano vedere sedute ai tavoli con dei ragazzi, anche se non erano i loro fidanzati.

Prima di questa “libertà”, l'unico modo di farsi guardare era appunto quello di passeggiare sottobraccio tra amiche. L'itinerario era sempre lo stesso: percorrere tutta la centrale via Garibaldi fin dal bar di Pelino, poi, al ritorno, proseguire per via Mons. Checchi, dove all’altezza della “Caserma vecchia” c’era il nuovo dietrofront. Alla sera erano due limiti invalicabili, andare oltre si rischiava la strigliata famigliare, oltre a quella delle suore o della Presidente dell’Azione Cattolica, e in tal caso si rischiava la perdita della reputazione, quella di “brava ragazza”.

Il punto “clou”, quello più rilevante e anche più “pericoloso”, era il passaggio davanti al Bar Mellini, dove le nostre fijöre si sentivano come accerchiate su tutti i fronti. Ai tavolini, ma anche sulla ringhiera di fronte (quella della famosa “buca” a fianco della Banca Popolare), sedevano i giovanotti in attesa delle loro “prede”: ammiravano, giudicavano, facevano commenti e ovviamente graduatorie.
I pretesti per restare fuori di casa più a lungo erano sempre gli stessi, inattaccabili: il mese di maggio, la messa, rosari o novene, tutto andava bene pur di aver l’occasione di sfilare davanti al “Mellini”.  

E capitava così, anche, che la “sfilata” desse troppo direttamente i suoi frutti, nel senso che qualcuna di loro si “lasciava andare” con qualche uomo, magari restando incinta fuori dal matrimonio. In tal caso, si sentenziava: “A l'à persu i tacchi”; e per la ragazza era finita: o si sposava con chi l'aveva “disonorata” o lasciava Bedonia, perché restando difficilmente avrebbe potuto trovare marito.
Rischio o non rischio, fatto era che le ragazze ciondolavano avanti e indietro per tutta l’estate, rompendo i tacchetti delle scarpe tra una pietra e l’altra della strada, e alle loro mamme non restava che dire: “Chì l'ünicu che ghe guadagna l'è u Felice”.

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5 Commenti
  1. Virgilio

    Insomma, un po' come la famosa foto "American girl in Italy" scattata a Firenze nel '51 da Ruth Orkin a Ninalee Craig (si parva licet componere magnis). Ovviamente non è farina del mio sacco, ma di Internet...

  2. Anna

    In realtà funzionava così anche a Borgotaro negli anni '90...solo che invece di consumare i tacchi noi consumavamo le suole di gomma delle "All Star" e consumavamo gli occhi cercando di intuire se un particolare sguardo o accennato sorrisetto del gruppetto di ragazzotti più quotati fosse destinato a una di noi! E per noi la conquista era stata poter andare "dalla Caterina" (attuale bar Mata in via nazionale) ad ascoltare le canzoni al jukebox... sempre le stesse all'infinito! Scusate l'intromissione... sono fuori luogo e fuori tempo ma il racconto di Gigi mi ha acceso il ricordo!

  3. Dolores

    L'era u sa tempu... Il mio è arrivato un po' più tardi. Ma la storia si ripeteva e quando si passava davanti ad un gruppo di ragazzi... C'era la più spavalda, la più agguerrita, la più esperta e la più timida... Io non ho fatto in tempo a diventare nessuna di queste... che passata un po' di timidezza ho avuto la fortuna di trovare cullu giusto con cui vivo da 45 anni. Ma a quei tempi era un'emozione grande sentirsi osservata e ascoltare gli apprezzamenti che ti facevano sentire grande... ma rossa come un papavero... Ma quando sentivi dire: la più bella è quella dalle scarpe bianche, pur sapendo di non averle nessuna, tutte a guardare istintivamente in basso... e il bulletto che pappagallava frasi sentite chissà dove... 'u te scadeiva immediatamente'...

  4. Monica Pellerano

    Il passato colora ancora il futuro. Mi sembra di “vederli” quei tempi per, alcuni aspetti non troppo lontani dai miei. È un bellissimo ricordo che rievoca sguardi, corteggiamenti antichi, l’evoluzione della donna, il tutto concentrato nella trasgressione e libertà di un paio di tacchi e qualche batticuore altrettanto libero

  5. Graziella Chiappa

    Io negli anni 60 avevo solo 2 anni ma ho vissuto i meravigliosi anni 70 al sabato sera a Bedonia con le mie cugine e amiche piu' grandi. Allora si usciva di casa alle 9.00 di sera e si doveva rientrare tassativamente a mezzanotte, magari anche un po' prima se non volevi perdere la reputazione di ''brava ragazza''. Si faceva un giro per via Garribaldi anche se non c'erano piu' i ragazzi sulle panchine che guardavano la sfilata ma qualcuno che ti osservava sornione dietro agli alberi del Comune c'era sempre. Si prendeva un gelato da Mellini e poi si andava a ballare il liscio o i lenti, dette''mattonelle'', perche i passi non uscivano dal quadrato della piastrella. Ovviamente nella pergola di Gino... io ci ho passato le mie ''febbri estive del sabato sera'' altro che Jonn Travolta... eravamo noi ragazzine e travolgere i maschietti... tutte truccate con i pantaloni a zampa di elefante e le magliette aderenti... che siimmaginava tutto...

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