58 - 07 Novembre 2023
La Rosita di Setterone
L'incontro con l'ultima abitante stabile del paese per ascoltare la sua vita e quella degli altri suoi paesani
La prima cosa che mi dice Rosita, ormai ultima abitante stabile di Setterone, racchiude il concetto e la causa per cui è avvenuto lo spopolamento del piccolo paese: "Prova a immaginare un ragazzo di vent'anni, che viveva qui negli anni dopo la guerra: un pugno di case, un bosco da tagliare sul Penna e un'osteria per far venire sera... Non avresti fatto le valigie anche tu? Difatti, uno dopo l'altro, li ho visti andare via tutti".
Come darle torto? Con i suoi 88 anni, seduta sulla panca accanto alla stufa a legna, mi guarda parlando in maniera dolce e saggia, con discorsi che vanno dritti alla questione, senza tanti giri di parole: "Qui hanno fatto tutti fortuna vendendo gelati in Inghilterra, ma il loro paese non se lo scordano, vanno orgogliosi delle loro origini, anche se ormai tornano solo per Santa Lucia. In quel giorno facciamo ancora festa, proprio come una volta, quando tornavano per la chiusura invernale delle attività".
Salendo al paese, percorrendo una stradina ardua, tutta curve e conficcata nei boschi, ti accolgono un'infinità di garage, nient'altro che i "ricoveri" temporanei di Mercedes, BMW e Bentley, i simboli di quell'affermazione avvenuta Oltremanica. Poi ci sono le case, una cinquantina, strette tra loro, che sembra di essere già in Liguria: da alcuni decenni, di fatto ridotti a dei "monumenti" alle proprie origini, monumenti praticamente sempre chiusi e sprangati.Oggi piove, e le stradine sembrano ancora più desolate, i muri bagnati hanno le persiane chiuse. Solo un paio di camini sbuffano di "bianco": uno è quello di Rosita e l'altro di Anthony. Sembra di entrare in una fotografia d'altri tempi...
Per fortuna mi viene incontro il sorriso di Rosita, anche lei una Manfredi e coniugata Manfredi -qui è il cognome più diffuso, i restanti sono Federici, Molinari e qualche Galloni: "Se vuoi visitare la chiesa ho le chiavi: è bellissima e la tengo pulita, anche se l'età si fa sentire e faccio quello che posso, ma ormai dicono messa solo nell'ultima domenica d'agosto, per la Madonna delle Grazie. È grande e c'è il suo campanile perché qui un tempo ci vivevano oltre cento famiglie... avevamo il negozio di commestibili, il tabacchino e la scuola con quaranta bambini. Qui invece c'era l'osteria di Giovanni Federici "Paciàn", e nel salone al piano terra c'era la balera; ma anche nella casa di Vittorio Manfredi "Matë" c'era l'osteria e si ballava: mi sembra ancora di sentirli, i ragazzini che si chiedevano se amerà me o un altro. Ohimè quanta gioventù... adesso invece non c'è più nessuno!".
Ad accompagnarmi lassù c'è anche Virginia Biasotti, moglie di Sergio, anche lui un Manfredi, anche lui emigrato e anche lui gelataio: "Rosita, per me e Sergio, è considerata una di famiglia, figurati se non ti accompagno a Setterone!". Così, dopo averci fatto da cicerone tra le vie del paese, Rosita ci invita a casa sua - volete un caffè, un tè, un brodino? - e lì proseguiamo con il racconto della sua vita... la stufa è rovente e il profumo di caldarroste rende l'incontro ancor più piacevole.
Anche la vita di Rosita non è stata da meno, anche lei, esattamente come la gran parte dei suoi compaesani, ha lasciato Bedonia, in cerca di una vita migliore: "Anch'io sono emigrata, ma prima di andare all'estero sono andata a Parma, a servizio dalla famiglia Micheli, poi tredici anni a Parigi dove ho prestato servizio in un ristorante e in una farmacia, infine in Inghilterra, a Castleford. Mio marito andava in giro con il carretto a vendere i gelati e io facevo l'operaia nella famosa fabbrica della Burberry, ma tranne il sabato e la domenica, perché in quei giorni davo una mano a lui. Là si lavorava tanto, e poi ci siamo comprati la casa, ma con il mutuo. Tuttavia, a metà degli anni '70, sono dovuta rientrare in Italia: mia suocera rimase paralizzata e qui c'era bisogno di me. Da quel momento non ho fatto altro che curare i miei "vecchi": i genitori, mio marito e poi mio fratello. Eh sì, è andata così, per più di cinquant'anni, ma non bisogna mai lamentarsi".
Con Rosita non avevo mai parlato, la conoscevo solo di nome e la vedevo al mercato di Bedonia: "Vengo giù al sabato mattino con il taxi e poi mi riporta a casa". Inevitabile quindi il rimando ai tempi del Covid, quando era letteralmente bloccata e sola: "Per fortuna che la spesa e le medicine sono sempre arrivate, mi portavano tutto a casa i ragazzi della Croce Rossa e della Protezione Civile... non li dimenticherò, hanno fatto veramente del bene".
È ora di andare, il suo saluto suona quasi come un monito alla sopravvivenza, alla conservazione del luogo: "Qua ci sono nata il 7 novembre del 1935, mi hanno battezzata, ci ho fatto la prima comunione, ci sono venuta grande, una gioventù bellissima, infatti mi sono fidanzata e poi sposata. L'ho già detto a tutti: ci voglio anche il funerale... È giusto che sia così, dal principio alla fine, ma quando sarà ora: per ora resto qui, non voglio vedere Setterone senza nessuno!".
Roberto Savoldi
07/11/2023Che tenerezza e dolcezza nel raccontare la sua storia.
Una Santa donna che ha vissuto lavorando duramente e che si è dedicata ai suoi cari nel momento del bisogno, sacrificando la sua vita.
Che il Signore le conceda di vivere il resto dei suoi giorni in salute e serenità nel suo amato Setterone.