Le Rocche di Drusco

Un'escursione autunnale nell'Alta Valceno bedoniese
Ad annunciare che le Rocche di Drusco sono ormai vicine ci pensano enormi massi conficcati nella faggeta o disseminati qui e là tra i prati, all’apparenza ciò che resta di un gioco fra Ciclopi, intenti a tirarsi pietre l’uno con l’altro.
Prima di inoltrarsi nel bosco e raggiungere il luogo tanto caro all’artista valcenese Romeo Musa, ci prendiamo il tempo di visitare il caratteristico borgo di Revoleto (Comune di Bedonia), uno dei tanti paesini dell’Alta Valceno che ancora conserva la sua identità storica per mezzo di antiche cascine in legno, belle fontane e una stupenda corte rurale.

È a monte del paese che c’è l’imbocco del sentiero per raggiungere le “Rocche”, una mulattiera sopravvissuta al tempo e che ancora conserva la sua originaria realizzazione del fondo in pietra con relativi canali di scolo, il tutto miracolosamente scampato al quotidiano passaggio dei mezzi agricoli.

Dopo circa 40 minuti di cammino, attraversando diversi ruscelli e incrociando rarità botaniche, si mostra quel luogo davvero atipico per la nostra zona, una testimonianza di quello che un tempo era il fondo oceanico. Emanuele ci ricorda inoltre che le Rocche di Drusco sono conosciute per essere state impiegate come "ricovero" di partigiani durante la seconda guerra mondiale e per essere un luogo di ritrovamenti archeologici e che i primi a comprenderne la rilevanza furono i maestri bedoniesi Giannino Agazzi e Giovanni Oppici.

Nel 1978 l’Università di Genova eseguì una serie di scavi e venne accertato che le roccie ospitavano alcune capanne, per la cui costruzione, le sommità erano state regolarizzate; era la prima volta che si scoprivano in Appennino Parmense dei reperti contemporanei alle “Terramare” (le palafitte di pianura), ma frutto di una cultura molto diversa. I resti sono databili: all’età del Bronzo (secoli XIV-XIII a.C), all’età del Ferro ligure (sec. IV a.C.) e al Medioevo (sec. XIII-XIV d.C.). I reperti ritrovati, vasellame, cuspidi di freccia in ferro, ecc. sono ora conservati presso il Museo Archeologico del Seminario Vescovile di Bedonia.

Foto scattate durante il tragitto



11 Commenti
  1. E. Mazzadi

    Grazie Gigi! Sempre bravissimo a cogliere gli aspetti migliori del nostro territorio e a promuoverli!

  2. Brontolo Nè

    Spesso anche abitando un territorio e vivendolo è possibile sapere tutto di tutto e vedere tutto, ma seguando gli amici della valle tutti i giorni leggo qualcosa di nuovo.
    Alcuni mi domandano... ma perché, tu di Firenze ti appassioni ad una valle che ha ben poco? Rido di fronte a tali corbellerie! C'è tantissimo!
    E poi ci sono persone che sanno raccontare: chi a parole chi con immagini chi con la pittura, chi con i prodotti tipici del luogo.
    Voi magari non lo percepite perché siete abituati, ma io quando arrivo sento "il profumo della valle" è un profumo antico, quasi misterioso, che abbinato ai colori, mi da tutto quello che cerco: serenità

  3. Patrizia

    Questo sito non e' anche conosciuto con il nome dialettale di " pria sciappà? " o sbaglio ?

  4. E. Mazzadi

    Ciao Patrizia. No, la Pietra Spaccata si trova più su, in direzione del monte Nero.

  5. Bruno Manfredini

    Questa " valle " a te, Brontolo Né, dà tutto quello che cerchi: serenità... A me purtroppo, che ci sono nato e vissuto, cagiona tristezza ed amarezza nonostante l'impegno che riconosco a tanti operatori e a chi continua a raccontarne in vario modo la bellezza, compresa qualche suggestione ambientale o richiamo della buona tavola.
    Mi guardo intorno e vedo tanto degrado con una molesta sensazione di abbandono diffuso... Un tempo era l'uomo " contadino " che governava il territorio e ne aveva cura, con attività lavorative degne di riguardo, frotte di bambini anche nel più piccolo centro abitato, animali di ogni specie, conoscenza, buon senso... prodotti agro-alimentari di alta qualità... Quella serenità che tu hai trovato e ragionevolmente magnificato, io con qualche rimpianto e a malincuore... la cerco altrove.

  6. Dolores

    Ma no Bruno, dai, non dire così.......... Mi sembri mio cugino Giorgio che non ha mai lasciato Scopolo e quando vede la nostra tristezza a lasciare il nostro paese per andare in 'terre straniere', ci dice: -vignì chè d'invernu eppà me saverì dì se l'è tantu bèlu, coa nèive, u verubiàsu e gnènca n'anima viva....
    Ha ragione certamente, ma anche se posso dare ragione anche a te che vedi tutto diverso da un tempo e sempre peggio, io non la 'vedo' come te. Sarà che ho dovuto lasciare il mio paese, per forza ragione, io non vedo l'ora di tornare per cercare le tracce del passato e le mie radici: E' OSSIGENO PURO!
    Quando sono lontana, col cuore ci sono sempre. Sai quante persone, da anni le sento ripetere: tra 5-10 anni sarà deserto e non ci sarà più un'anima. Sono passati decenni ed è sempre vivo: più vivo che mai... Mi fa male sentire 'la tua verità' che è reale, ma non la voglio sentire perché il paese dove si nasce, rimane nel cuore per sempre e sta a NOI, cercare di farlo vivere.
    Cerchiamo di 'inventarci' qualcosa, di fare del 'nostro' il più possibile, eppoi quello che sarà, sarà, ma lasciami sognare dai.........

  7. Raffaello F.

    Bene, Gigi. Ho "scoperto" le rocche quando facevo scuola a Volpara, durante le mie escursioni solitarie fra la meraviglie dei nostri posti; una novità per me che venivo dalla "bassa".

  8. Marcella Lomboni

    Le foto sono bellissime, in dialetto le chiamiamo "Rocche di canevè", si dice che in tempo di guerra fossero un buon nascondiglio, così come fossero un rifugio in tempi più lontani per i briganti che sfuggivano alle guardie. Così mi hanno raccontato anziani del posto. Grazie della condivisione

  9. Bruno Manfredini

    La mia, Dolores, sarà una predisposizione dell'animo che fa sentire infetta anche l'aria salutare della nostra montagna, ma quando volgo lo sguardo verso il monte Pelpi, sacro ai Bedoniesi come il Pan di Zucchero per gli abitanti di Rio, e mi accorgo che anno dopo anno scompaiono i pascoli, i prati e financo i paesi …allora mi diventa pesante pensare a un paesaggio e a un territorio rasserenante che incoraggia attività significative dell’uomo legate alla cura e alla salvaguardia del proprio ambiente...
    Non scorgere più quel piccolo villaggio che era una sosta obbligata per tutti coloro che ad ogni età si avventuravano sulle pendici per raggiungere la croce, in alto, sulla cima… con i prati e i campi intorno che ne ingentilivano il profilo… ogni volta mi fa guardare altrove come per rimuovere un’immagine profondamente deturpata dal tempo, ma soprattutto dall’uomo.
    Quel dolce e sparuto agglomerato di case non alletta più la nostra attenzione, ma non è scomparso… è rimasto solo occultato dai rovi e dal bosco che incombe inesorabilmente… Ormai ” Monti “ purtroppo rimane soltanto nel mio ricordo!!!

  10. Dolores

    Ti capisco sai Bruno? La tua struggente malinconia mi ha colpito e leggo dietro le righe, quanto grande è l'amore che hai per il tuo paese e proprio per questo il tuo dolore è maggiore. Mi vengono in mente le fatiche dei miei nonni per comprare terre e lavorarle per un futuro migliore per i figli e vedo mia madre che guarda tristemente quegli stessi campi che sono diventati boschi:la natura si sta riappropriando del suo territorio inesorabilmente e si avvicina alle case. Spesso ci si chiede cosa succederà, quando verranno a mancare quelle SANE lavorazioni e interventi sui prati, che diventano sempre più rare! Però, INSIEME a quello che ci hanno lasciato i nostri vecchi, di materiale intendo, ci hanno tramandato l'attaccamento alle nostre radici e NOI torniamo sempre alla terra che per loro è stata GRAMA e qualche volte anche matrigna. E' più forte di noi, forse perché non l'abbiamo sudata? O forse perché ci attrae come una calamita a noi assetati di tracce preziose del nostro passato, per mantenerlo verde come i nostri ricordi. Forse sarò retorica,ma troppo grande è la mia gratitudine e il rispetto per i miei vecchi e finchè potrò, perdonami, troverò serenità e ossigeno puro nel mio paese che come tutti i paesi di montagna, piano piano, forse sparirà, ma per fortuna, non ci sarò.........

  11. Gigi Cavalli

    Ho inserito negli allegati un filmato dedicato alle Rocche di Drusco, gentilmente fornito da Arturo Curà

Commenta

Somma e invia : 9 + 4 =
Accetto Non accetto


Resta aggiornato

Post simili

Il cielo ha la forma della finestra

Cronaca casalinga di una quarantena annunciata: ora dopo ora, giornata dopo giornata, per quaranta giorni, notti comprese

La leggenda che nasce sul monte Penna

I due corsi d'acqua, Taro e Ceno, nascono entrambi sul monte Penna, per poi prendere strade diverse

Il dialetto, la lingua del cuore

Giannino Agazzi e Sara Raffi Lusardi hanno realizzato un dizionario del nostro dialetto

Giannino, maestro di vita

Insegnava non solo a scuola, ma è stato cultore delle più profonde tradizioni del nostro Appennino

Per Giannino

Ricordato il "Maestro" Giannino Agazzi a due anni dalla scomparsa

Le Rocche di Drusco

Un'escursione autunnale nell'Alta Valceno bedoniese

Tra i faggi, dove nasce il Ceno

Una passeggiata sul Monte Penna lungo le sorgenti del Ceno