L'Asinara, l'isola del Diavolo
Sull'isola disabitata e all'interno della ex colonia penale
Ex paese, ex lazzaretto, ex sanatorio, ex carcere. Tutto iniziò nel 1855 con l’allontanamento forzato delle oltre cinquanta famiglie residenti, tutti pastori e pescatori, questi ultimi prevenienti da Camogli, le stesse persone che poi fonderanno il paese di Stintino sulla vicina costa sarda.
Il supplizio di questa meravigliosa isola è iniziato nel momento in cui il Regno d’Italia decise che quel luogo doveva essere trasformato in una colonia penale e poi in lazzaretto durante la prima guerra mondiale, lì l’arrivo di 24 mila prigionieri austroungarici affetti dall’epidemia di colera, i cui resti di gran parte di quei soldati riposano ancora nel sacrario dell’isola.
Nel 1960, da colonia penale agricola, fu trasformata in super carcere e negli anni ‘80 ospitò brigatisti rossi e neri, camorristi, mafiosi e personaggi dell’anonima sarda costretti al 41-Bis, tra cui Mesina, Cutolo e Riina.
Le carceri che si sono avvicendate nel tempo sono state una decina e la chiusura dell’ultima è avvenuta nel 1999. In un secolo e mezzo solo una fuga, è stato il penitenziario con meno evasioni al mondo, tant’è che era considerata l’Alcatraz italiana.
Ora è possibile visitare l’ex supercarcere di Fornelli e per me, che ho prestato servizio negli Agenti di Custodia durante il servizio militare, è stata una vera e propria soddisfazione.
Questo però apparteneva al passato, nel 1997 è stata trasformata, grazie all’isolamento e alla preservazione totale dell’ambiente avvenuta per un secolo e mezzo, in Parco Nazionale dell’Asinara. Ora è infatti sfruttata turisticamente ed è abitata solo da asini, cinghiali, tartarughe, cavalli bradi, mufloni e nessuna persona vi risiede stabilmente. L’isola è oggi esattamente come la vivevano allora i detenuti, i “Lavoranti esterni”, quelli che si occupavano di greggi, piantagioni e lavori agricoli.
Poi c’è Cala d’Oliva, il piccolo borgo bianco che spicca tra il blu del mare e il verde della “macchia”. È il villaggio espropriato nel 1855, divenuto poi residenza del personale penitenziario, ma che da allora è rimasto praticamente immutato. Appare come un paese fantasma, nessuno si aggira tra quella manciata di case, su quelle strade in pietra e deserta è la piazza davanti alla chiesetta. Ho incrociato solo un uomo che fischiettava, forse non a caso, un brano di Ennio Morricone tratto dalla colonna sonora di C’era una volta il West…
Fuori dall'ordinario è corretto?
Dopo tutta la serie dei ritratti dai colori abbacinanti ( il rosso, il blu, il bianco...) leggendo il primo commento sono rimasto perplesso. La domanda evidentemente rivolta al commento di Gigi ( "fuori dall'ordinario è corretto?" )mi è parsa avulsa. Sono tornato sui miei passi e ho letto per quattro volte il commento senza trovarvi mai la frase.
A parte il fatto che scrivere "fuori dall'ordinario" mi sembra correttissimo, forse chi ha scritto ha letto male... può succedere con tutto questo caldo!
Comunque un "bravo" a Gigi per l'ennesimo regalo.
Di tanto in tanto la tua vena ci regala un mondo che i tuoi occhi vedono in modo non comune.
Ora hai pennellato per noi un quadro in cui i ritmi che conosciamo non hanno cittadinanza, sicché nel volversi delle tue righe vedo passarmi davanti le mille e mille vite che sull'isola si sono succedute, sole, disperate, estirpate, violate, esecrate, travolte... .
Ma mentre i più saranno portati a commiserare i tanti ivi relegati dalla legge, a me - nel rivedere la lunga teoria di celle, cancelli, catenacci e feritoie d'osservazione - viene di immedesimarmi in quanti le poche lire necessarie alla sopravvivenza hanno carcerato coi carcerati, reclusi senza colpa tra reclusi.
A costoro, identificati dall'immaginario collettivo con gli aguzzini, troppo spesso l'imperante buonismo che fa tanto intellettuale nega quella solidarietà e riconoscenza che di contro meritano.
Arturo permettimi ma non hai capito il mio intervento, significava dire che questa vacanza di Gigi l'ho considerta fuori dall'ordinario e da lui volevo conferma
Luogo meraviglioso trasformato da una scelta politica in un inferno. Un inferno reale con tracce indelebili che mi intristiscono. Resta la qualità del tuo lavoro che, come al solito, è elevata.
Il prossimo anno mi prometto di visitarla. Stupenda isola Gigi e le tue fotografie gli rendono giustizia