Correvano gli anni '70: la Madonna di San Marco
La tradizionale festa bedoniese ci riporta sempre al fiabesco "Paese dei Balocchi"
Immutata invece la rappresentazione della festa negli ultimi decenni, basta fare un “salto” negli anni settanta per comprenderlo, magari rispolverando alcuni di quei momenti. "Il paese dei balocchi"
Per un paio d’anni è arrivata l’autopista anche a Maggio, ma il clima che si respira laggiù "dalla Posta”, non ha niente a che vedere con la sagra del paese, quella di San Marco. Questa inizia a sentirsi nell'aria una settimana prima, accompagnata da quella straordinaria fragranza di tiglio in via di fioritura che avvolge le strade del paese, più si fa forte più sappiamo che è giunta l'ora del divertimento, ed è tanta la sua puntualità che alla fine lo chiamiamo “Profumo di Madonna di San Marco”.
I baracconi arrivano il martedì, la sera stessa inizia la prima perlustrazione in loco per accertarsi che tutto vada per il meglio e per fare le immancabili domande di circostanza ai fratelli Bodino, anzi "Budino" come vengono famigliarmente chiamati: - Domani sera, vanno già le giostre? - Ce ne sono di nuove? - Quanto costa un gettone dell'autopista, mi hanno detto cinquecento lire per tre giri, è vero?
Purtroppo quest'anno la notizia era fondata. Ma per non aver altre brutte sorprese e dopo aver acquisito tutti gli elementi utili, scatta la delicata operazione del reperimento fondi. La scarsissima rendita dell'ispezione nell'armadio a tasche di giacche e pantaloni ci suggerisce di mettere in pratica altri infallibili trucchetti. Andare subito a trovare i parenti francesi per un sincero benvenuto, ogni bacio frutta mille lire, quindi con la loro tradizione siamo già a buon punto, a salutare gli zii locali, che è dallo scorso anno che non li vediamo, altre mille lire, andare a fare la spesa per la mamma: al "Consorzio" per i soliti dieci chili di zucchero, "sotto il portico" per la paglietta o dall'Adelaide per il latte e far così nostre tutte le monetine del resto che sono rimaste nelle tasche. Ma una volta risolto il problema “grano”, il clima che si vive è veramente da “paese dei balocchi”: mille luminarie, musica a tutto volume, giostre che girano, la banda che suona, i premi della lotteria e moltissimi altri giochi, specialmente quelli dove “SEMPRE SI VINCE”, insomma una gran confusione.
Tutto questo “ben di Dio” è posto tra una cornice di variopinte bancarelle, il nostro interesse ricade ovviamente su quelle “dolci”, tutte colme di croccante fumante, "straccadenti" duri come sassi, paffute nuvole bianche di zucchero filato e grossi lecca-lecca che ti lasciano la lingua a strisce per una settimana. Si possono trovare anche altre cose, acquistabili solo in questa occasione, piatti e bicchieri infrangibili… ”avanti gente, comprateli, vanno bene per la festa e per tutti i giorni”; palloni gonfiati a forma di coniglio da legarsi “saldamente” al polso, dopo dieci passi e tre salti... “Papà guarda come vola...”; stringhe di liquirizia lunghe un metro... “Guarda che lingua”, la maglietta con scritto sopra il nostro nome a caratteri cubitali; e il trofeo indiscusso, le collane di nocciole da conservare a lungo in ricordo di quei momenti davvero indimenticabili.
Ma l'apice si raggiunge con una vera e propria folla attorno al banco delle aste. Il venditore con il microfono attorcigliato al collo riesce a radunare intorno a sé centinaia di passanti, poco dopo litigheranno tra loro per aggiudicarsi giganteschi pacchi dall'interno misterioso (grosse pipe in gesso marrone, barometri che segnano tutto l'anno tempesta e lampade spaziali che agitano polvere di stelle), reso tale dal perentorio consiglio del “battitore” di non aprirli sul posto, ma comodamente a casa: "Ho avuto ordine dalle guardie di non sporcare per terra", specifica il buon Samaritano.
Meglio andarsene, visto che ci sono ancora tante cose che ci aspettano, autopiste, pesci rossi, tiro a segno, bowling (due bottiglie di ACE candeggina) e poi c'è anche l'irresistibile lotteria di Don Costa con premi veramente unici, alcuni dei quali meritano un po' più d’attenzione. Alcuni esempi: il biglietto N° 999 che è anche il primo premio, fa capo ad un auto "A112" colore arancio-cantoniere con soli 01118 Km, peccato che il contachilometri sia già al terzo giro di boa; il N° 772 è uno scampolo di stoffa in Principe di Galles; il N° 785 è una bambola gigantesca, quelle da riporre poi al centro del letto.
Questi sono alcuni premi che si possono vincere con i rarissimi biglietti numerati, i restanti, tutti quelli con i nomi dei paesi, sono delle vere piaghe per l'umanità visto il numero dei primi in palio. Biglietto "Masanti": tremila astucci scolastici con dentro dodici pennarelli, un mini righello, gomma e temperino; "Carniglia": duemila yo-yo; "Selvola": quattromila borse ritagliate su di un “resistentissimo” jeans Wrangler tasca posteriore compresa; e “dulcis in fundo” con "Illica": cinquemila mini-vasetti di sanissima marmellata di prugne da 20 grammi ciascuno. Premi molto belli, utilissimi e ambitissimi, ma purtroppo le conseguenze di quella frenetica corsa “all'oro” affiorano dopo qualche tempo. Il vincitore dell’A112 dopo un'attenta occhiata al motore è costretto a non ritirare il premio per non cadere in miseria, così ce la ritroviamo anche il prossimo anno, ma di colore verde muschio; a fine Luglio metà dei vincitori è seduto sul cesso per le note proprietà lassative della susina di "Illica"; ad Agosto tutti i possessori di “Selvola” sono in fila un giorno sì e uno no davanti al calzolaio “Felice” per ricucire le cinghie strappate delle forti borse Wrangler; ad Ottobre gli alunni sono indaffaratissimi a disputare gare di yo-yo e a riempire d’alcool gli aridissimi e anonimi pennarelli, rimpiangendo così gli affidabilissimi Carioca Joe.
Nonostante tutto anche quest'anno è arrivata la Domenica sera: zucchero filato in una mano e pesce rosso ben stretto nell'altra, trofeo da riporre sul frigorifero a ricordo di quella festa che tra poco si spegnerà, eccetto per i coloratissimi "fuochi" che a mezzanotte risplenderanno nel cielo, tutti là con il naso all'insù, esclamando un “Ohh...”, di stupore ad ogni botto che rimbomba sopra il cupolone, ovviamente con la bocca aperta e le tasche vuote.