Il meteo: dalle calende a Zambrelli

Quando il clima si valutava in base a certi segni della natura, per taluni presentimenti legati alla tradizione contadina oppure per mezzo di persone preveggenti
Ormai sono molti anni, almeno da quando ci sono gli smartphone con le applicazioni connesse al meteo, che si controlla, con una certa frequenza, il tempo che farà oggi o domani. Gli stessi media ci hanno ormai abituati, o indotti, a guadare spesso le previsioni meteorologiche, e per molti questo è divenuto un rito piacevole e quasi irrinunciabile.

La cosa era ben diversa tempo addietro, come ricorda la nostra Maria Pina Agazzi: “I nostri vecchi iniziavano l’anno marcando sul calendario, intu lunèriu, il tempo dei primi dodici giorni dell'anno (meglio conosciuti come calende) come indicatore per quello di tutto l'anno stesso, nel senso: il tempo del 1° giorno segna quello di gennaio, il tempo del 2 gennaio indica febbraio...  e così via, per tutti i mesi a venire. E si trattava di un’indicazione per contrario, ossia se in un giorno il tempo era sereno, quello del mese abbinato sarebbe stato nuvoloso, piovoso o nevoso (se ricadente nel periodo invernale)”.
Questa credenza popolare, spesso tramandata di padre in figlio, era legata alle tradizioni contadine, nelle quali il tempo era determinante per stabilire semine e raccolti, siccità e grandinate, un po’ come puntualizza ancor oggi Frate Indovino sul suo celebre calendario.
Pensa che mia nonna Rosetta, una povera contadina, analfabeta e vedova con sei figli sulle spalle, aveva imparato solo a scarabocchiare la sua firma (mentre pascolava le mucche con una sua amichetta, che essendo un po’ più “benestante” aveva potuto frequentare la pluriclasse del paese); così, per registrare sul calendario il tempo delle calende, incaricava la figlia, mia mamma Leonilde, che era in grado di farlo poiché aveva conseguito la licenza di 3^ elementare… Eravamo nei primi anni del '900.”

Dopodiché, c’erano anche altri metodi per carpire le previsioni meteorologiche, alcune ancora vive nei Bedoniesi di oggi, come controllare il “Cavallino” con l’effigie di sant’Antonino posto sul nostro campanile: se il cavallo è girato verso il monte Pelpi (con aria marina) segnerà brutto tempo, diversamente sarà sereno (aria di Pelpi), mentre se direzionato nelle altre posizioni il tempo sarà variabile. Poi Maria Pina mi cita anche dei modi dire nel dialetto bedoniese, quello classico che tutti conosciamo riguardante il monte Pelpi “Quandu Perpi u gh’à u capéllu, tüttu u mondu l’è in burdéllu” e uno un po’ meno noto attinente alla comparsa dell’arcobaleno “Se l’arcu u bèiv’aa matén-na, tütt’a notte piuvesén-na, s’u bèiv’aa sèira, tütt’a notte serenèira”.

Fino agli anni del dopoguerra, in ogni casa c’era la stufa e soprattutto il caminetto, u caméin, e se, posizionando la legna nel focolare, si formavano e camuje (scoppiettanti scintille) c’era la neve in arrivo. Anche i calli ai piedi erano una sorta di “Bernacca”, perché se dolevano portavano pioggia o maltempo. Per non parlare poi dei dolori alle ossa degli anziani: “Son tütta pièn-na de durù… cambia u tèmpu”.

Poi menziona una figura caratteristica e anche un po' dandy, in voga nel Parmense negli anni ’60/70, originaria di Tizzano Val Parma, certo Amelio Zambrelli. Si trattava di un “personaggio” vero e proprio, collaboratore per anni della Gazzetta di Parma con una rubrica dedicata alle previsioni meteorologiche, tanto che alcune sue frasi erano diventate dei Leitmotiv, poiché iniziava spesso i suoi scritti con “Secondo il mio acume…” e li terminava con “…e sappiatevi regolare”.
Narra ancora Maria Pina: “Mi ricordo che Zambrelli, nei giorni di fiera, arrivava anche a Bedonia e, sceso dalla corriera, sempre con un ombrello a mo’ di bastone e con il tabarro avvolto intorno al capo, girava per il mercato vociando «Domani pioggia…» oppure «Domani ci sarà sereno…» e poi, a richiesta e dietro un piccolo compenso, indicava anche il tempo della settimana”.

Insomma, le previsioni, oggi come allora, aiutavano a regolarsi nel comportamento quotidiano; poi, giuste o sbagliate, la vita andava, e va, comunque avanti… sempre come pare a lei.

Di Amelio Zambrelli ne parlò anche il mitico Tiziano Marcheselli nel suo libro "Gente di Parma" e questa è la sua descrizione:

Brandendo un ombrellaccio nero nella sinistra e tenendo l'indice destro alzato in tono ammonitore, per anni Amelio Zambrelli (da Reno di Tizzano) ha dispensato ai quattro venti (pardon, piogge) le sue catastrofiche previsioni atmosferiche.
Avremo neve e acqua e aria gelida e burrascate; sappiatevi regolarvi!
C'era un “vi” in più, ma la gente si divertiva; e Zambrelli più di tutti, approfittando della simpatia di Aldo Curti alla “Gazzetta” per presentarsi quasi tutti i giorni a reclamare qualche biglietto da mille.
Ma la sua clientela non era solo quella del quotidiano; cene, feste, case private offrivano spesso al “conoscitore atmosferico” qualche buon pranzetto in cambio di un sorriso.
Poi la stella di Zambrelli si è un po' offuscata; forse qualche nube una volta tanto non prevista.

Hanno collaborato a questo post:



4 Commenti
  1. Stefania Minoli

    Che meraviglia questi 'detti' sul meteo... mi sembrava di sentir parlare i miei nonni e i miei genitori... comunque io sul calendario le CALENDE le ho segnate anche quest' anno... non tutte... ma alcune sì, come mi hanno sempre fatto fare i miei

  2. Paolo Agnetti

    Tra i contadini e nelle famiglie si fa affidamento anche al lunario di Barbanera. I suoi mesi dispensano consigli su semine, fasi lunuri, potatutre, gesti da compiere ogni giorno. Nella mia famiglia non è mai mancato. E' un rimedio di lunga vita, la sua origine risale al settecento.

  3. Rossella

    Volevo anche ricordare che oggi si festeggia Sant’Antonio e si è sempre detto che il Santo è un mercante della neve

  4. Virgy

    Bellissimi ricordi, pure in casa mia si faceva così. Ma soprattutto ricordo la mia tata (Rina Lagasi), insieme all'Irma e Ufemmia, non ne mancavano una, e io seppur bambina le ascoltavo incantata.
    Ricordo bene il signor Zambrelli, un affezionato cliente del nostro Bar Biasotti.
    Grazie a te Gigi, e Maria Pina per farci ritornar un po' bambini.

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