Il Mulino Marghera

In Val Ceno è stato rimesso in funzione un antico mulino ad acqua per opera di due volenterosi ragazzi
La costruzione in pietra rimane su di un pianoro, alla riva destra del torrente Ceno, ai piedi di un pendio ombroso per gran parte dell’anno. Si tratta di un mulino assai datato -già presente sulle mappe catastali del 1823 con la denominazione Molino dei Lorenzi e citato anche come Margara o Malghera- che tuttavia ha conservato al suo interno i meccanismi in legno e le macine in pietra, gli stessi macchinari che ci racconteranno la storia della famiglia Ponzini: i Marghera, murinê da oltre un secolo nell’Alta Val Ceno.

In questa parte della valle c’erano diversi mulini, due di questi erano di proprietà della casata dei Musa, famiglia benestante di Bedonia, ma appunto valcenina di origine: Mulino del Ferro ad Anzola e appunto Mulino Marghera a Ponteceno, o meglio a Scagno da Moje, piccola località facente parte della Parrocchia di Tasola.
Entrambi i mulini, a partire dagli anni 20 del Novecento, sono stati condotti, sempre come mezzadri, dalla famiglia Ponzini.

A raccontarmi il loro passato è Monica Ponzini, classe 1985, ovvero la quarta generazione: "Mio trisnonno Bartolomeo era un mugnaio, mio bisnonno Antonio era un mugnaio, anche mio nonno Riccardo faceva il mugnaio, e a mia volta anch'io sono ormai pronta per diventarla".
Riccardo, che oggi ha la bellezza di 95 anni, è stato anche l’ultimo conduttore del mulino in cui sto entrando.

Oltrepassato il ponticello sul Ceno, denominato anche del "Diavolo", nonché oggetto di una leggenda e di una xilografia di Romeo Musa (in allegato), sorge il Mulino Marghera.
Durante la notte è nevicato un po’, l’aria è ancora fredda e forse nevicherà ancora, motivo che giustifica quell'abbondante fumo bianco che esce dal camino. Oltre la porta, intenta a strofinarsi le mani sopra ad una rovente stufa a “due buchi”, c’è Monica, e insieme a lei, chino sulla tramoggia, Simone Speroni da Bettola: compagno di vita e d’avventura, visto che insieme hanno deciso di far girare nuovamente quelle macine, ferme ormai da oltre quarant’anni (più precisamente dal 1979).

I due ragazzi hanno acquistato recentemente il podere e il fabbricato dagli eredi del padrone di allora, certo Marco Musa. La costruzione era ovviamente in condizioni precarie, ma l’anima di fondo era ancora lì, in attesa di essere tramandata, motivo per cui la coppia, armata di tanta pazienza e altrettanta passione, si è tirata su le maniche ed ha iniziato le fasi di restauro: "Sono fortunata, Simone fa di tutto, dal falegname all’elettricista, dal meccanico al muratore, in sostanza mette in pratica l’arte dell’arrangiarsi, ma con un risultato davvero sorprendente".

Sono passati solo alcuni mesi, ma oggi il mulino è nuovamente in grado di fare il suo lavoro: "Per ora stiamo facendo delle prove a nostro uso e consumo, mettendo a punto ingranaggi, pulegge e cinghie, ma con l’obbiettivo di essere pronti quanto prima. Una delle tre macine in pietra è già operativa, ma in futuro torneranno tutte alla loro funzione originaria, quella di macinare frumento, mais e castagne".

Il nonno Riccardo, che nel frattempo ha fatto capolino all’interno del mulino, racconta che quelle mole, realizzate con una roccia molto dura, da noi non presente, venivano da molto lontano, ed erano andate a prenderle nel Bresciano con un carretto trainato da muli e che erano serviti tre giorni di viaggio. Dopodiché, pur essendo felice e soddisfatto della scelta dei ragazzi, ha scrollato un po’ la testa esclamando: "Le macine devo girare con l’acqua, mica con questi marchingegni moderni!". Sì, perché la mola messa in funzione è attualmente regolata da ingranaggi azionati dall’elettricità, anche se il loro obiettivo è quello di far lavorare il mulino nuovamente ad acqua: ma, per fare ciò, bisogna ripristinare la concessione governativa, cosa che, da quel che mi dicono, è una vera impresa burocratica: "Abbiamo già avuto qualche incontro, vedremo, ci speriamo…".

Mi viene istintivamente da pensare che, se vivessimo in un mondo “ragionevole e giusto”, queste pratiche dovrebbero essere sostenute pubblicamente: si tratta proprio di un tipico caso in cui un’attività andrebbe aiutata economicamente e non lasciata tra i bui meandri della burocrazia, magari per il solo scopo di sostenere le pubbliche finanze.

Ad ogni modo, dentro a questo opificio, nuovamente avvolto da una candida nuvola di farina e contornato da strumenti semplici e apparentemente desueti, quasi primitivi, ho potuto notare tanta volontà, determinazione e passione: sono quindi certo che l’antica arte del mugnaio verrà indubbiamente acquisita e praticata, offrendo cosi la possibilità di creare cibi più genuini.

Prima di salutarci vedo i ragazzi incamminarsi verso il ponte. Sotto al braccio di Monica c’è la nuova insegna, pronta per il palo già posizionato sulla strada, la quale riporta "Mulino Marghera" e una freccia che indica la direzione da prendere: "Arrivederci ragazzi, buona domenica e soprattutto buona vita".

Ha collaborato a questo post:

PDF - Il Ponte del Diavolo di Romeo Musa LINK: la Pagina Facebook del Mulino Marghera

VIDEO: la molatura della farina di mais


Il mulino di Marghera in Alta Val Ceno



13 Commenti
  1. Maria Camisa

    Ero piccola piccola quando andavo con papà a piedi da Tasola al Mulino Marghera.
    Emozionante rivederlo in funzione ❤️

  2. Benedetta Malvisi

    Per me “nuova arrivata” in Valle è emozionante leggere ciò, essenziale nutrimento per la la mia vorace “food passion”. Un cammino che nonostante “il pianoro” sarà arduo e tortuoso ma passione, dedizione e amore per la propria terra, le proprie radici sono certa riporteranno ulteriore luce su questo lembo di Alta Valceno; che sia la scintilla per la creazione di una nuova filiera agricola locale.
    Bravi bravi bravi ragazzi, ci vediamo presto.
    Grazie Gigi per questi preziosi racconti.

  3. Emanuele Ghelfi

    Tra i mestieri antichi dal semplice splendore son rimasti rapiti e sono andati controcorrente rispetto al consumismo imperante non davvero accettato piuttosto subito e vessato.
    Un esempio di coraggio e dedizione: "la storia come pensiero e azione" riferito a Benedetto Croce.

  4. Chiara

    Da amante dei mulini, per averne acquistato uno, purtroppo ormai privo di tutti i meccanismi, non posso che fare l'in bocca al lupo a voi ragazzi... Soprattutto per questa scelta coraggiosa!

  5. Domenico Cavozza

    L'uso dell'acqua per fare le centraline elettriche è concesso ma per fare il mugnaio ci vuole il portafoglio gonfio. Si parla sempre di dare una mano alla montagna ma solo in televisione

  6. Francesca Danzi

    Andrebbero solo AIUTATI in tutti i sensi altro che farli tribolare con la burocrazia.
    Gli auguro ogni bene e possano ruscire a realizzare tutto quello che hanno in mente.

  7. Sonia Carini

    Uno tra i lavori più antichi del mondo è quello del mugnaio, una figura sempre vista come paffuta e simpatica (non è questo il caso), che ha raffigurato per secoli il sunto della vita economica di un territorio contadino. Va assolutamente riconosciuto a questi i ragazzi il merito di non far morire questa abilità, ovvero l'arte di saper macinare questo o quel cereale, agevolando così il passaggio di quell'ultimo testimone. Iniziativa da sostenere ad ogni costo.

  8. Dolores

    Bravi questi ragazzi intraprendenti che danno vita alla nostra montagna. Ce ne fossero di coraggiosi e a loro va la mia ammirazione e augurio di buona fortuna!

  9. Antonio

    C'è un altro aneddoto che riguarda questo mulino, avvenuto all'incirca negli anni 50. Si racconta che una volta scesero dalla corriera di Carpani, sulla strada per Anzola, due signori distinti, cartella in mano e vestito scuro. Quando il mugnaio li vide rientrò nel mulino e buttò dell'acqua sul fuoco per spegnere la stufa, nascose i sacchi del macinato, fermò l'acqua che alimentava le macine, buttò per terra qualche manciata di farina, dopodiché rimise la pipa nel taschino e si abbotonò la giacca fino al collo, poi li attese seduto su di una sedia con le mani in mano. Quando i due arrivarono chiesero informazioni su di un mulino e lui gli rispose che quello era il mulino delle 4 effe: fame, freddo, fumo e fastidi. I due uomini, che non erano nient'altro che quelli del "dazio", ripresero il ponticello e se andarono da dove erano venuti.

  10. Corrado Ferrari

    Bravi ragazzi continuate così forza

  11. Monica

    Volevo rispondere al signore Antonio che l'annedoto in parte è giusto ma non riguarda questo mulino ma l'altro mulino che era prima di Anzola, il mulino del ferro appunto... poi fame freddo e fumo... Lo so bene perché mio papà era nato proprio li e mi raccontava sempre questa storia..

  12. Elisa

    Che bella realtà!
    qualcuno ha i contatti di questi ragazzi?

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