Il 4 novembre, l'asilo e u Richettu
Alcuni ricordi bedoniesi legati a questa ricorrenza, dalla costruzione dell'asilo ad un aneddoto di guerra
Andiamo al periodo in cui lei frequentava le scuole elementari e medie, quindi dal 1944 al 1953, anni in cui le classi erano poste presso il Municipio. Ricorda che nell’atrio del palazzo c’era affisso il "Bollettino della vittoria” di Armando Diaz e che gli scolari, nel giorno precedente la celebrazione, venivano accompagnati davanti al documento dove il maestro Sante Caramatti, orfano di guerra (1915/18) e reduce della II Guerra Mondiale, leggeva e poi commentava lo scritto, dopodiché ci faceva cantare l’inno di Mameli e altre canzoni inerenti il conflitto: "E tu Austria che sei la più forte fatti avanti se hai del coraggio…" oppure "Il Piave mormorava, calmo e placido, al passaggio dei primi fanti…".
Il paese, essendo festa nazionale, era adornato con il tricolore, e alle finestre spiccavano le bandiere, ma non in tutte le case: a quel tempo c'era ancora molta povertà, e questa "stoffa" per un uso così speciale era considerata da molti una spesa superflua.
Alla lunga sfilata partecipavano molte persone, praticamente tutti uomini, seguiti poi dagli scolari e dalle autorità: il Sindaco con a fianco il gonfalone, scortato da una "guardia" comunale (Ferruccio Bertolotti o Lino Biasotti), il Maresciallo dei Carabinieri, il Maresciallo della Guardia Forestale, il Medico Condotto, il Veterinario, il Segretario Comunale, un farmacista e poi combattenti, reduci e invalidi di guerra: "Mi ricordo che c'era sempre un signore con gli occhialini tondi e scuri, Giuseppe Volpi, detto l'Urbęn de Cavignèga (foto n° 2), che seguiva la moglie tenendola per un braccio in quanto non vedente (nella vita confezionava cesti in vimini pur essendo cieco).
Dopo la messa "grande" si andava davanti all'Asilo Infantile per depositare la corona di alloro davanti alla lapide dedicata ai caduti della "Prima Guerra" -allora c'era solo quella, poiché l’asilo era stato costruito alla fine degli anni ’20 per onorare i caduti del primo conflitto, ma soprattutto per accogliere ed educare le giovani generazioni bedoniesi (la lapide con i caduti della II Guerra Mondiale venne invece aggiunta nei primi anni '80).
È giusto ricordare che questa struttura fu fortemente voluta dal parroco Don Paolo Checchi che ha saputo giovarsi della grande e generosa partecipazione benefica dei Bedoniesi, in particolar modo per mezzo di alcune famiglie benestanti di Bedonia, tanto da donare il terreno e i soldi necessari alla sua edificazione: tra le famiglie a vario titolo benefattrici, c’erano principalmente i Biasotti (eredi di Antonietta), Bellentani e Cappellini.
Ad onor di cronaca le famiglie Bellentani e Capellini furono onorate attraverso l'intitolazione di due vie bedoniesi, mentre quella dei Biasotti è rimasta, ancora oggi, a "bocca asciutta".
In questa giornata del 4 novembre, oltre a ricordare la fine della Prima Guerra Mondiale, il pensiero è particolarmente rivolto a tutti coloro che, anche giovanissimi, hanno sacrificato la propria vita per un ideale di Patria e di attaccamento al dovere: valori immutati nel tempo, per i militari di allora e quelli di oggi.
Ci fu però qualcuno, mi rivela Maria Pina, che non rispose alla chiamata alle armi e che in quel momento si trovava a lavorare presso la "tubifera" di Sestri Levante. Si chiamava Enrico Longhi, detto Richettu, e abitava nella "contrada" di via Vittorio Veneto insieme al famoso Papalettu.
Richettu era alto, o meglio era piccolo, un metro e cinquantatré centimetri. Raccontava sempre che quando andò a Piacenza alla visita di leva lo avevano praticamente costretto a stare in punta di piedi per superare la statura minima consentita, che era appunto di 153 centimetri, che non era poi nient'altro che la vera statura del Re Vittorio Emanuele III.
Ritornò a casa e riprese il lavoro a Sestri Levante, ma dopo qualche giorno andarono a prelevarlo in fabbrica i Carabinieri per trasferirlo, con l'accusa di disertore, presso il carcere di San Francesco di Parma.
Venne poi processato per direttissima. Quando il Giudice lo vide lo richiamò immediatamente perché seduto e gli disse: "Signor Longhi, davanti alla Legge bisogna stare in piedi, si alzi!". Fu così che il nostro Richettu rispose in dialetto bedoniese: "Signor Giudice, ma io sono in piedi: anche se mi chiamo Lunghi, io sono ‘corto’!". Seguì una risata generale, anche se questa non bastò ad addolcire la sentenza, poiché venne subito arruolato e spedito al fronte e lì, pur essendo basso, ma forte e robusto, gli fecero trasportare -a spalla- dei pezzi di mortaio fin dentro alle trincee, alla stregua dei muli che gli camminavano a fianco.
Terminata la guerra, riuscì a tornare a Bedonia sano e salvo. Negli anni '70, come altri eroici combattenti, ricevette la medaglia d'oro al Valor Militare.
Hanno collaborato a questo post:
Mi sembra di sentire le parole pacate e al tempo stesso ancora turbate del Maestro Sante Caramatti: '...cittadini bedoniesi, oggi siamo qui poiché il 4 novembre 1918, in provincia di Padova, a Villa Giusti, venne firmato l'armistizio che sancì il termine della Prima Guerra Mondiale. A pressare l'esercito austro-ungarico alla resa dei conti fu il risultato della battaglia di Vittorio Veneto, ormai considerata la grande rivincita dopo la disfatta di Caporetto. Evviva l'Italia'.
Grazie Gigi per quello che hai scritto.
Quella che ti allego è una bella e grande bandiera, purtroppo avevo fotografato solo i nastri, con la dedica (rimedierò). Questa bandiera per decenni è stata oggetto di estrema venerazione e rispetto.
Ovviamente secondo me in origine doveva essere una bandiera con stemma sabaudo!
Non si è mai omesso in occasione dei funerali e nelle ricorrenze patrie di esporla in bella presenza.
http://www.esvaso.it/fotoalbum.php?idtipologia=45
I superstiti della prima guerra mondiale (n.b. l'elmo che impreziosisce la cima) la sentivano come propria e ne reclamavano la presenza. In occasione dei funerali veniva esposto sul catafalco anche un vero elmetto dei soldati della grande guerra, che aveva un fregio d'ottone sul fronte, sempre tirato a specchio. Ora non si trova più, è andato perso.
Purtroppo i tempi scorrono veloci e l'oblio avvolge tutto e la bandiera ormai non viene più esposta.
Uno degli ultimi orgogliosi vessilliferi fu la Gina Bonici, incaricata da mio padre e ben felice della parte!
In questi giorni si ricorda la traslazione all'altare della Patria della salma del Milite Ignoto. Mi sembra doveroso ricordare che sul trasporto ferroviario (di cui la tv ogni tanto mostra brevi filmati) era presente come addetto alle onoranze anche don Agostino Viviani che poi sarebbe divenuto parroco di Drusco.
Sul sito http://www.valgotrabaganza.it/wordpress/?p=107489 viene riportato che operò nella preparazione delle spoglie.
Questo non sono in grado di confermarlo, ma la sua presenza sul convoglio delle onoranze mi era stata tramandata da mio padre.