La pagnotta della carità
A Cereseto di Compiano sopravvive una curiosa usanza da praticare dopo un funerale
A raccontarmi di questa longeva tradizione è Gina, ceresetana d’origine o meglio di Farfanaro, trasferita ai Pilati di Scopolo poiché moglie dell’ormai noto “Asso dei bastoni”, Giulio Chiappa.
Ore 19 in punto: caminetto accesso, una torta di patate sfilata dal forno a legna e poi le solite chiacchiere gioviali, elemento indispensabile per rendere l’invito a cena ancor più piacevole e dimenticare così di avere l’orologio al polso. Un’occasione anche per parlare di riti contadini, feste religiose e usanze popolari, tra queste un’antica abitudine in uso a Cereseto, quando viene a mancare una persona. Lì, la famiglia del defunto, dopo il funerale, distribuisce una pagnotta ai presenti, chiamata “Pane della carità”.
Un gesto probabilmente arcaico, ma che la memoria più recente lo colloca originariamente nel ‘900, tra le due guerre mondiali. Oggi esprime solo un rito tramandato di famiglia in famiglia, ma nel secolo scorso rappresentava una riconoscenza e una sorta di viatico verso gli intervenuti alla cerimonia: partecipare a un funerale, significava rinunciare a una giornata di lavoro nei campi e percorrere tanta strada a piedi per raggiungere la chiesa.
Gina mi racconta quando don Mario Sacchi (parroco dal 1947 al 1971) comunicò ai suoi fedeli che quest’usanza non aveva più la necessità di un tempo e sarebbe stata interrotta: “Siamo nel 1968 e i tempi sono cambiati”. L’indicazione fu inzialmente colta, ma solo per pochi funerali, i ceresetani decisero di “disubbidire” e proseguire secondo tradizione.
Anche qualche settimana fa, durante il funerale di Sergio Bassi, i famigliari hanno distribuito ai presenti la “Pagnotta della Carità”, un gesto ancora molto apprezzato e condiviso dalla comunità di Cereseto.
Allora il pane era impastato e cotto dalla famiglia colta dal lutto, mentre oggi è commissionato ai forni, ad esempio quello di “Ferruccio” a Bedonia prepara una pagnottella di apposito formato.
Che bella storia, non l'avevo mai sentita. Grande Gigi.
È molto interessante e bello diffondere facendo conoscere le tradizioni di un tempo, così che non vadano perse
Questa tradizione è attualmente in uso anche nella mia città Quartu sant'Elena. Il pane viene benedetto e distribuito ai presenti. Non so dirti altro ma avendomi incuriosito chiedo.
Io lo sapevo perché ogni tanto Don Costa mi portava la pagnotta dei morti! Grazie
Questa antica tradizione è ancora in atto anche in diversi paesini del Bardigiano, un contesto molto simile a quello di Cereseto anche se ad onor del vero và sempre più scomparendo
Da sempre... Nei nostri monti... La dipartita di una persona significava la presenza di condivisione al dolore dei paesani vicini: tutti andavano da tutti. Arrivavano per il rosario... per la tumulazione e per la 7'... Da lontano anche noi di Scopolo... che eravamo "de la' du monte", attraversavamo il lungo tratto di bosco che ci separava da Cereseto, in questo caso, fino alla cima per poi scendere.
Il viaggio era tortuoso... e se la stagione era invernale, la neve che un tempo era sempre presente e abbondante, rendeva più pesante l'attraversamento specialmente nelle serate di luna piena. La coltre ghiacciata luccicava alla luce fioca delle lanterne che a poco servivano per il chiarore della luna e si camminava lentamente.
Il pane che era stato donato dai congiunti serviva da gradito sostentamento, teneva compagnia e scaldava il cuore...
A Bratto si fa ancora dopo ogni funerale
Grazie Gigi per tenerci informati del passato delle nostre valli. Bellisimi ricordi, non mollare!!!
E una nostra vecchissima tradizione a cui le persone di Cereseto tengono/teniamo moltissimo!
E brava Gina, che hai raccontato a Gigi le tradizioni e le vecchie usanze dei nostri paesi. Anche io come Dolores mi ricordo che da piccola, quando stavo a Scopolo o ai Pilati dai miei nonni, quando moriva qualcuno, si andava a dire il rosario a casa del defunto e il giorno del funerale fuori dalla Chiesa, i famigliari distribuivano un piccolo panino detta ''a michetta de pan''.
Era un bel gesto che spero si mantenga ancora pur se i tempi sono cambiati. Allora negli anni passati, la gente andava a piedi da un paese all'altro, attraversando vallate e impiegando molto tempo. Non c'erano le strade, le auto e neanche i bar o gli Autoglil per la "pausa caffe' e brioche". Quando arrivavano al paese del defunto, le persone erano stanche, e un pezzetto di pane era un grande conforto e un buon sostentamento.
Ora e' tutto cambiato; in citta' quando muore qualcuno, non si va piu' al funerale se non e' un parente molto, molto stetto. In chiesa se va bene... ci sono 10-15 persone, pur avendo ogni comodita'. Nessuno si sogna di dare un piccolo segno di riconoscenza ai partecipanti al Rito Funebre. Qualche volta fuori dalla Chiesa c'e' un piccolo tavolino con i ricordini del defunto... ma e' sempre piu' raro anche questo.
Peccato, non esiste piu' il rispetto per i nostri cari che ci hanno lasciato.
Ciao a tutti.
Un grazie alla Sig.ra Gina per averti raccontato di questa nobile usanza ed un plauso a te che continui, ad ascoltare e a divulgare le ns usanze e la ns storia.
Grazie. Cristina V.
Grazie di tutte queste informazioni sul nostro passato che diversamente andrebbero perse. Grazie.
Oggi ho partecipato ad un funerale in rito ortodosso e siccome hanno benedetto il pane e lo hanno spezzato e distribuito, mi sono ricordato che i nostri vecchi parlavano di questa usanza andata persa.
Credo che fosse diffusa su tutto il territorio delle “quattro province “ e la conferma è che tutt’ora sopravvive a Cereseto, così come la tradizione dei pifferai e dei suonatori di musa.